L’importanza geopolitica dell’Asia centrale nel “Nuovo Grande Gioco”. La Turchia, il controllo delle risorse e del commercio sul confine euro-asiatico.

A cura di Nicola Ghilardi

Il controllo strategico dei territori dell’Asia centrale e delle rotte marittime attraverso gli stretti del Bosforo e dei Dardanelli (Mar Nero, Mar di Marmara e Mar Egeo) sembra essere tornato di primaria importanza per le grandi potenze globali e regionali. Tutto ciò mi colpisce perché si verifica a cento anni di distanza dalla battaglia di Çanakkale (battaglia dei Dardanelli –Prima Guerra Mondiale 1914-1915) quando l’accesso ai mari fu scenario di una serie di operazioni navali e terrestri che segnarono il destino della futura Turchia moderna e del sentimento nazionale turco. I soldati britannici e francesi vennero respinti dalle truppe ottomane di rinforzo comandate dal tenente colonnello Mustafa Kemal salvando la capitale ottomana (temporaneamente) dall’occupazione alleata; vent’anni più tardi, nel 1934 un decreto emesso dal Parlamento della Repubblica turca tramutò il cognome del comandante in: Atatürk “Padre dei Turchi” e padre fondatore della patria.

Continuando l’analisi storiografica dell’area è importante ricordare che verso fine XIX secolo i territori di contesa del “Grande Gioco” tra Impero britannico e Russia zarista si erano estesi sino alle frontiere dell’Impero ottomano. Questo “gioco” fu caratterizzato dall’attività delle diplomazie e dei servizi segreti, che contrappose Gran Bretagna e Russia in Medio Oriente e Asia centrale per tutto il secolo (L’origine del termine “Grande Gioco” è attribuita ad un ufficiale dell’esercito britannico, Arthur Conolly nel 1829). Uno dei più grandi desideri dello zar russo era la conquista di Costantinopoli e l’avanzamento russo nei territori della Crimea fu intesa come il primo passo verso il raggiungimento dell’obiettivo principale: la Nova Roma. Successivamente alla nascita di una Nazione turca (membro NATO dal 1952) ed il crollo dell’Unione Sovietica avvenuto durante il XX secolo, l’area geopolitica è ritornata ad essere una zona di diatriba a livello globale per motivi economici (gas e petrolio in primis) e per motivi strategici, tanto che si è cominciato a parlare, in particolar modo dopo alcuni eventi del 2001, di “Nuovo Grande Gioco”. Per saperne di più >>>

La dissoluzione dell’Unione Sovietica creò un vuoto di potere e nuove prospettive per la Turchia nella regione centro asiatica. La nascita delle cinque repubbliche indipendenti, turcofone, che il governo turco è tra i primi a riconoscere, venne accolta con grande entusiasmo tra i politici e dall’opinione pubblica, e fu vista come l’occasione per un’espansione della Turchia che richiama vecchi sogni panturanici. La Turchia venne incoraggiata (dagli alleati occidentali) a proporsi come modello di democrazia made in USA, laica, con un’economia di libero mercato. Tra le poste in gioco nella regione del Caucaso, a influire sulle relazioni internazionali vi fu la costruzione di oleodotti e gasdotti che collegano il Mar Caspio e il Mar Mediterraneo e non solo. Con lo scoppio della guerra in Siria e l’abbandono dei territori iracheni ed afghani da parte delle forze armate USA, milizie ribelli hanno occupato numerose città aumentando l’instabilità geopolitica dell’area (già ad altissimo livello); la Russia ha potuto/dovuto così estendere il proprio raggio d’azione sempre più a sud-est tornando ad occupare le sponde della Crimea come durante la Prima Guerra Mondiale e la Turchia non è rimasta a guardare. Per saperne di più >>>

Ma perché è così importante l’Asia centrale nella storia e per la prosperità delle grandi potenze? Molto probabilmente perché in questi territori si sono scontrate e incontrate le più importanti religioni rappresentate dalle più evolute civiltà della storia. È dal IV secolo a.C. grazie ad Alessandro Magno, che tra Oriente e Occidente esistono scambi commerciali regolari. Tali legami furono poi evoluti dall’Impero romano al punto che con la crisi del sistema imperiale centralizzato fu deciso di stabilire la “Nova Roma”, capitale dell’Impero romano d’oriente, lungo la direttrice commerciale che unisce il continente europeo a quello asiatico. Successivamente di fondamentale importanza per lo sviluppo delle vie commerciali fu il periodo della c.d. pax mongolica che regnò dal Mar Mediterraneo all’Oceano Pacifico. Questo periodo di evoluzione economico culturale ha alla base del suo straordinario sviluppo: la sicurezza dei territori e delle frontiere. La ricchezza economica che ne derivò fu resa possibile dall’estensione del commercio terrestre e marittimo su scala mondiale. Dal 1453, con la conquista ottomana di Costantinopoli e la fine dell’Impero romano d’oriente, i regni nazionali europei intrapresero le “grandi esplorazioni via mare” rendendo superfluo il ruolo da intermediari ricoperto dai mercanti delle Repubbliche italiane e dagli Ottomani lungo le direttrici terrestri della Via della Seta. Successivamente con la scomparsa del grande Impero mongolo nessuno più poté garantire la sicurezza lungo le rotte commerciali all’interno dell’Asia centrale.

La situazione attuale in Asia centrale deriva dal tentativo (in via di fallimento) di generare una sorta di pax americana che a differenza dal passato presenta tre grandi “giocatori” e non vi è nessun rappresentante diretto dell’Europa:

1) Gli Stati Uniti d’America: hanno sostituito l’Impero britannico come figura imperialista egemone occidentale. Attualmente l’imperialismo statunitense è in fase di crisi: tale debolezza è dovuta dagli elevati costi delle guerre e dalla declino del sistema capitalista.

2) La Repubblica Popolare Cinese: sempre più creditrice degli Stati Uniti, è probabilmente il paese con crescita economica più alta degli ultimi decenni. È destinata a diventare la più grande economia globale.

3) La Federazione Russia: grazie all’ascesa al potere di Vladimir Putin si è ripresa dalla crisi post-crollo sovietico. Orgogliosa del proprio passato da “protagonista geopolitico” in Asia, sta cercando (e ci sta riuscendo) di tornare una grande potenza come durante l’epoca degli zar. Per saperne di più >>>

A partire dagli anni Novanta del XX secolo gli interessi coinvolti si sono moltiplicati e nuovi attori interni ed esterni all’area intervengono oggi a determinare gli equilibri della regione. Questo scenario geopolitico è il risultato di eventi accaduti durante gli anni di guerra fredda: un continuo intreccio tra interesse globale e regionale che confermò la Turchia come unico forte alleato NATO nella regione e unico paese a rappresentare una bandiera contro ogni potenziale avanzamento dell’URSS in Medio Oriente. Significativo a mio riguardo l’evento accaduto il 25 giugno 1999 ad Istanbul quando undici paesi si associarono in un modello di politica multilaterale ed economica che incoraggiò le relazioni tra paesi vicini mirando a garantirne la pace e la stabilità, nacque la Cooperazione economica del Mar Nero (Black Sea Economic Cooperation, BSEC).

Tra i paesi partecipanti voglio sottolineare la presenza di Russia, Ucraina e Turchia. I primi due da più di un anno stanno combattendo una guerra “velata”, l’esercito turco rappresenta la principale armata NATO a difesa degli stretti sul confine euroasiatico e l’ha sottolineato con la recente crisi diplomatica sul confine siriano. Ma a dove porterà questa situazione? Il tentativo della BSEC è fallito miseramente o fa parte di un disegno più ampio? Per cercare di capire queste incongruenze bisogna sapere che le principali potenze economiche interessate all’area hanno adottato nel corso dell’ultimo ventennio diverse strategie per influenzarne lo sviluppo, allo scopo di assicurarsi nuovi giacimenti di materie prime, di diffondere i valori democratici occidentali o di favorire la stabilità delle nuove repubbliche confinanti. In questo venticinquennio la competizione in Asia Centrale ha visto sempre più attori assumere ruoli diversi, più o meno significativi, ma comunque rilevanti per comprendere quale sia il contesto attuale, nonché per poter formulare delle ipotesi sulla sua prossima evoluzione.

Con il progressivo abbandono statunitense, la Repubblica Popolare Cinese si sta confermando come il secondo attore dell’area dopo la Federazione Russa, ciò non toglie che accanto a questi attori di primo piano ve ne siano di supplementari: Turchia, Iran, ed Unione Europea i quali attuano più o meno efficacemente svariate strategie per assicurare che i propri interessi in quest’area, così geopoliticamente importante, siano garantiti. La partita del “Nuovo Grande Gioco” si sta combattendo su più fronti: disponibilità energetiche, rotte commerciali, lotta/finanziamento al terrorismo, sicurezza, stabilità sociale, religione e cultura. Gli attori che agiscono sono numerosi e diversificati; alcuni hanno le potenzialità per concorrere su tutti i fronti (Federazione Russa, Stati Uniti e nel prossimo futuro anche la Repubblica Popolare Cinese) altri solo per intervenire su alcuni di essi (Turchia ed Unione Europea in primis).

L’Asia Centrale ha sempre rappresentato un sistema complesso nel quale sono molte le forze in gioco e le loro interrelazioni, ma a determinare la vera evoluzione del contesto sarà l’azione degli attori interni dell’area, le strategie messe in atto dalle cinque repubbliche centrasiatiche turcofone e la loro abilità a saper sfruttare, con politiche multidirezionali, le circostanze favorevoli e le sfide offerte dai giocatori esterni.

 

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